mercoledì 20 febbraio 2008

Strage di Caraffa, chiuso il processo per Tomanio

DECOLLATURA - Strage di Caraffa: ultimo atto. Questa volta anche in Tribunale. Ieri mattina infatti si è concluso il procedimento a carico di Claudio Tomaino, reo confesso della strage di quattro suoi familiari accaduta il 27 marzo del 2006 nelle campagne di Caraffa, per la morte dell'imputato. ieri mattina, nell'aula a pian terreno del tribunale di via Argento si è presentato il pm Salvatore Curcio che ha chiesto la prescrizione del reato per intervenuta morte del reo confesso. Richiesta accolta dai giudici della Corte d'Assise (presidente Murgida, a latere Neri, cancelliere Andreacchia), che hanno preso atto della morte dell'imputato che si è suicidato il 19 gennaio scorso mentre era nel carcere di Viterbo, non prima, però, di aver acquisito tutte le perizie effettuate dai consulenti di parte e del tribunale. Il pubblico ministero ed i difensori dell'imputato hanno inoltre prodotto la documentazione relativa al suicidio. Poi i giudici hanno disposto la chiusura del processo. Nella strage di Caraffa furono assassinati l'infermiere Camillo Pane, zio di Tomaino; la moglie, Annamaria, ed i figli Eugenio e Maria. La strage fu provocata da un movente economico: Tomaino avrebbe infatti deciso di uccidere lo zio per «cancellare» un debito di 450 mila euro che aveva con lo zio in relazione all'attività di compravendita immobiliare che i due svolgevano insieme. Per evitare di saldare il conto, Tomaino avrebbe deciso di "far fuori" non solo lo zio Camillo, ma anche la moglie ed i due figli di Pane: anche loro sapevano degli affari e del debito; se fosse "sparito" solo Camillo, avrebbero potuto accusarlo. Il killer avrebbe portato i parenti sul posto con la scusa di fare vedere loro un immobile da acquistare. Il presunto esecutore della mattanza era finito in carcere pochi giorni dopo, al termine di una serie di indagini con le quali erano stati ricostruiti i movimenti del giovane e della famiglia Pane attraverso il suo telefono cellulare. Tomaino, in carcere da quasi due anni, non sopportava più il peso di quelle quattro vite spezzate. Così si è tolto la vita infilandosi una busta di plastica in testa, all'interno della quale ha fatto defluire il gas d'un fornellino utilizzato per scaldare le vivande.
Fonte :Gazzetta del Sud.

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